Hotel di lusso e un «premio di produzione»: sequestrati 150 mila euro all’ex pm Ingroia

PALERMO – Gli utili della società non superavano i 33 mila euro, ma come «indennità di risultato» Antonio Ingroia solo nel 2013 arrivò ad autoassegnarsi un premio di 117 mila euro, sommati ai 50 mila euro di stipendio. E continuò a gonfiare i suoi incassi fino all’anno scorso, quando il nuovo governatore della Regione estromise dalla gestione di «Sicilia e-Servizi», il carrozzone che si occupa di servizi informatici, l’ex magistrato famoso per l’inchiesta sulla cosiddetta trattativa mafia-Stato. Adesso inquisito per peculato dai suoi stessi colleghi della Procura di Palermo che gli hanno notificato un provvedimento di sequestro per oltre 150 mila euro.
Valanga di rimborsi
Contestano una valanga di rimborsi che Ingroia presentava ed autorizzava a se stesso per ogni missione segnata da trasferte a cinque stelle. Anche quando stava in ufficio, nella sede centrale di Palermo dove lo aveva piazzato l’ex governatore Rosario Crocetta dopo il flop elettorale del suo partitino e una acrobatica candidatura addirittura a presidente del Consiglio. «Ma io ho la residenza a Roma», si difendeva durante gli interrogatori in tribunale. Senza convincere i sostituti e il procuratore Franco Lo Voi che, attraverso la Guardia di Finanza, hanno ricostruito la seconda vita del pubblico ministero segnata da approdi frequenti nel più prestigioso albergo sulla costa di Palermo, il lussuoso Villa Igiea, ovvero nei centralissimi Excelsior o Palace Hotel. O ancora cenando nell’esclusivo ristorante di Natale Giunta con vista sulle barche della Cala, assaggiando i cibi tradizionali della Cucina Papoff o della Locanda del Gusto.

Gossip
L’unico a solidarizzare con fare sornione quando si scoprirono le prime carte dell’indagine fu Vittorio Sgarbi, pronto a dichiarare la sua massima comprensione: «Ci siamo incrociati in aeroporto e ho visto la nuova fidanzata di Ingroia. Straordinaria. Ovvio che avesse bisogno di alberghi e ristoranti di tono…». Un moto di ironia del quale Ingroia avrebbe fatto volentieri a meno. Anche perché fu così inevitabile reinnestare un gossip di vecchia data targato Guatemala. Quando mollò Palermo da magistrato, lasciando il cerino acceso della «trattativa» a Nino Di Matteo e accettando l’incarico oltreoceano segnato da continue dirette tv con i talk italiani, una sera, in collegamento con una rete Rai, dedicò per San Valentino una canzone a una donna della quale pronunciò solo il nome, Lia. E le malelingue pensarono ad una liaison con una magistrata siciliana. A restarci male fu soprattutto la sua ormai ex moglie Letizia Compagna. Poi, il ritorno in Italia e la frequentazione con la compagna incrociata da Sgarbi, Giselle Oberti, origini argentine, imprenditrice.

«Vicende vecchie»
Adesso i suoi ex colleghi in tribunale sussurrano che forse, come spesso capita, gli uomini talvolta peccano per eccesso di galanteria. Ricostruzione sdegnosamente rigettata dall’interessato perché Ingroia è convinto dell’errore dei suoi ex colleghi, come dice nella sua nuova veste di avvocato, costretto a difendere se stesso: «Sono vicende vecchie, ampiamente chiarite a suo tempo. Accuse che consentiranno di sgomberare, anche in sede giudiziaria, il campo da ogni equivoco, sospetto e maldicenza su una storia totalmente infondata».

Sequestro di beni
Resta intanto il sequestro di beni per oltre 150 mila euro. A fronte anche di circa 30 mila euro di rimborsi per gli anni dal 2014 al 2016. In Procura danno per certo che Ingroia, nei panni di amministratore della società regionale, avrebbe potuto chiedere solo i rimborsi per le spese dei trasporti e non quelle per vitto e alloggio. E per questo il provvedimento colpisce anche Antonio Chisari, revisore contabile di una società dove il vertice è ormai mutato. (Corriere)

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