Il calabrese Nicola Saggio è Santo

nicola_saggio_santoLa Calabria oggi è in festa: il Frate Nicola da Longobardi è stato iscritto da Papa Francesco nell’albo dei santi insieme ad altri cinque testimoni della fede.

Degno figlio di San Francesco di Paola, San Nicola ha vissuto tra il 1600 e il 1700, e nella sua, se così vogliamo dire breve vita (è morto all’età di 59 anni), ha avuto modo di dedicarsi con spirito di carità ai poveri, ai bisognosi, svolgendo i lavori più umili e avendo sempre ferma nella sua vita la preghiera come momento unico di unione e comunione con Dio.

Questa mattina in Piazza San Pietro, tra i tanti fedeli giunti da ogni parte del mondo, c’erano migliaia di calabresi che hanno voluto essere presenti ad un grande evento, straordinario per la storia della chiesa calabrese. Gruppi, associazioni, parrocchie, tutti lì per vedere diventare santo Nicola, quest’uomo che se finora non lo abbiamo tanto conosciuto, non essendo un contemporaneo, da oggi in poi vorremo saperne di più.

Presente il vescovo della Diocesi di Cosenza, mons. Salvatore Nunnari e tanti Padri Minimi di San Francesco di Paola, di cui Nicola Saggio è degno figlio.

“La liturgia oggi ci invita a fissare lo sguardo su Gesù come Re dell’universo” con queste parole ha iniziato il Papa la sua omelia. “Il suo regno è regno di verità e di vita, di santità e di grazia. Le letture che abbiamo ascoltato ci mostrano come Gesu – ha spiegato il Pontefice – ha realizzato il suo regno e che cosa chiede a noi.

Innanzitutto come Gesu ha realizzato il regno? Lo ha fatto con la vicinanza e la tenerezza verso di noi. Egli è il pastore di cui ci ha parlato Ezechiele nella prima lettura: “Andrò in cerca della pecora perduta e ricondurrò all’ovile quella smarrita, fascerò quella ferita e curerò quella malata, avrò cura della grassa e della forte; le pascerò con giustizia”.

Tutti questi atteggiamenti sono diventati realtà in Gesù, lui è davvero il pastore delle pecore e custode delle nostre anime. E quanti nella chiesa – ha sottolineato con forza Bergoglio – siamo chiamati ad essere pastori, non possiamo discostarci da questo modello se non vogliamo diventare mercenari”.

Proseguendo nella sua omelia sotto l’azzurro cielo romano disturbato da qualche nuvoletta, Papa Francesco ha spiegato come Gesù porta avanti il suo Regno.

“In base a quanto dice Paolo ai Corinzi nella seconda Lettura, è necessario che egli regni finche non abbia posto tutti i nemici sotto ai suoi piedi. E’ il Padre che sottomette tutto al Figlio e il Figlio al Padre.

Gesù non è un re alla maniera di questo mondo. Per lui regnare non è comandare ma obbedire al Padre, consegnarsi a Lui perche si compia il suo disegno di salvezza. Dunque il tempo del Regno del Cristo è il lungo tempo della sottomissione.

L’ultimo nemico che sarà annientato sarà la morte, e quando tutto gli sarà sottomesso, anch’egli, il Figlio sarà sottomesso a Colui che ha sottomesso ogni cosa, perché Dio sarà tutto in tutti”.

Per sapere cosa il Regno di Gesù chiede a noi, Francesco riprende le parole del Vangelo odierno. “Esso ci ricorda che vicinanza e tenerezza sono la regola di vita per noi e su questo saremo giudicati: ‘ho avuto fame e mi avete dato da mangiare, ho avuto sete e mi avete dato da bere, ero straniero e mi avete accolto, nudo e mi avete vestito, malato e mi avete visitato, ero in carcere e siete venuti a trovarmi’

La salvezza non comincia dalla confessione della regalità di Cristo ma dall’imitazione delle opere di misericordia mediante le quali lui ha realizzato il regno.

Nella sera della vita saremo giudicati sull’amore e sulla tenerezza verso i fratelli; da questo dipenderà il nostro ingresso o meno nel Regno di Dio.

Gesù con la sua vittoria ci ha aperto il suo regno ma sta a ciascuno di noi entrarci facendoci concretamente prossimo al fratello che chiede pane, vestiti, solidarietà, catechesi. Se veramente ameremo quel fratello e quella sorella, saremo spinti a condividere Gesù stesso e il suo vangelo”.

E a proposito dei sei nuovi testimoni della fede appena iscritti nel’albo nei santi, Francesco ha detto come “oggi la Chiesa ci pone dinanzi sei nuovi modelli che hanno servito il Regno di Dio e ne sono diventati eredi. Ciascuno di essi ha risposto all’amore di Dio e del prossimo, si sono dedicati al servizio degli ultimi. Hanno cercato e scoperto la carità nella relazione forte e personale con Dio nella quale si sprigiona il vero amore per il prossimo. Con il rito di canonizzazione ancora una volta abbiamo onorato Cristo, re pastore pieno di amore per il suo gregge”.

Avviandosi alla conclusione dell’omelia, il Papa si è augurato ed ha augurato a tutti i fedeli “che i nuovi santi facciano crescere in noi la gioia di camminare nella via del Vangelo e farlo diventare la bussola del nostro cammino. Seguiamo le loro orme, imitiamo la loro fede e la loro carità, perché anche la nostra speranza si rivesta di immortalità. Non lasciamoci distrarre da altri interessi terreni e passeggeri. E ci guidi nel cammino verso il regno dei Cieli la Madre, Maria, Regina di tutti i Santi”.

“L’esempio dei quattro santi italiani aiuti il caro popolo italiano a ravvivare lo spirito di collaborazione e di concordia per il bene comune e a guardare con speranza al futuro in unità confidando nella vicinanza di Dio che mai abbandona anche nei momenti difficili”.

Candida Maione

foto: Parola di Vita

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