Don Flaim e la pedofilia: macina da mulino e tolleranza zero
Un’assurda apologia della pedofilia e dei rapporti che si consumano tra autorità ecclesiastiche e bambini viene fuori dall’episodio che ha visto come protagonista Don Gino Flaim, prete recentemente intervenuto in televisione alla trasmissione di La7 “L’Aria che Tira”, sollevando inevitabili polemiche. Don Gino Flaim ha infatti dichiarato di non riuscire a giustificare le ragioni dell’omosessualità, ma di comprendere invece quelle dei pedofili, dal momento che, secondo lui, sarebbero gli stessi bambini a cercare affetto ed è facile per un prete cadere vittima di tentazioni che si spingono oltre la sua sfera di competenza: «Purtroppo ci sono bambini che cercano affetto, perché non ce l’hanno in casa. E magari se trovano qualche prete, può anche cedere, insomma. E lo capisco questo».
Il sacerdote ha sostenuto che la problematica è comune per tutti gli educatori, non solo in ambito ecclesiastico, dato che le richieste d’affetto dei bambini rappresentano una tentazione spesso irresistibile e che, scavando a fondo la pedofilia risulterebbe molto più comprensibile, anche se non pienamente giustificabile. La Diocesi di Trento al quale il sacerdote appartiene lo ha subito sospeso e gli ha vietato di predicare in pubblico, dopo le dichiarazioni. Dal canto suo il sacerdote in un’intervista a Repubblica non sceglie il silenzio o la ritrattazione delle sue parole, ma si erge a vittima e si paragona addirittura al Crocifisso facendo finta di cadere dalle nuvole: «Ma che ho detto di tanto grave?».
La prima cosa che viene in mente guardando il sacerdote rispondere all’interlocutore nel video ormai diventato fin troppo “virale” è che Cristo in nessun altro passo nei vangeli parla in modo così denso e tanto severamente di giudizio sui peccatori come nell’episodio della macina da mulino: «Chi scandalizzerà uno solo di questi piccoli che credono in me, è molto meglio per lui che gli venga messa al collo una macina da mulino e sia gettato nel mare». Questa dura espressione del vangelo di Marco è anche in Matteo e Luca.
Senza scendere troppo in un’esegesi del testo questa definizione riguarda i poveri, i deboli, gli sfruttati e quanti hanno bisogno di protezione, le vedove gli orfani, le molte persone nella società di quel tempo che non potevano difendersi con le proprie forze e avevano particolarmente bisogno di assistenza. I bambini non si possono escludere in nessun caso nella spiegazione dei “piccoli” utilizzato nel detto sulla macina da mulino. I vangeli mostrano l’amicizia di Gesù con i bambini: le madri e i padri portano i bambini da Gesù che li benedice; ma i discepoli vogliono impedirlo. Gesù tuttavia fa loro spazio: «Lasciate che i bambini vengano a me». Quanto egli chiede lo pratica anche: «E, prendendoli tra le braccia, li benediceva, imponendo le mani su di loro». Ma questo gesto di vicinanza e di amore non è solo un esempio, ma è un’esortazione: «Chi non accoglie il regno di Dio come lo accoglie un bambino, non entrerà in esso». Accogliere il regno di Dio come un bambino significa chiederlo a Dio, il Padre, e riceverlo nella fiducia di ottenere il meglio.
Accogliere un bambino è una cosa che si può cogliere concretamente nella genitorialità, in un’adozione, nell’occuparsi dei bambini orfani, nel gioco, nello sport, nell’insegnamento, nel tempo passato insieme. I bambini per Gesù non sono solo oggetti dell’amore e della premura. Sono pure soggetti dell’amore di Dio e della fede; sono esempi per tutti. Esiste una fede infantile che non può venir meno per questa Gesù si fa garante con tutta la sua persona. È vero che questa fede deve svilupparsi e maturare, ma Gesù non permette alcuna distruzione intenzionale. La fede infantile è anche vulnerabile.
I piccoli che devono essere protetti dalla parte peggiore dei grandi sono, soprattutto, bambini. Sono specialmente i rappresentanti dei poveri e dei deboli, entro e al di fuori delle comunità giovanili e della Chiesa. Il fatto di credere in Gesù li rende ancor più fragili, perché non reagiscono alla violenza con altra violenza, ma preferiscono sopportare l’ingiustizia che farla. Soprattutto perché tutto si aspettano da coloro che sono alla sequela di Gesù, a motivo del suo amore per i bambini, tranne che di essere ingannati da questi a motivo della loro vita, del loro amore e della loro speranza. Per questo Gesù si interessa particolarmente di coloro che credono, perché sa quanto profonda si manifesta la ferita proprio in coloro che confidano in Dio, se sono vittime di abuso da parte di chi è al servizio di Dio e da quanti si reputano tali. L’evangelista Marco utilizza un verbo in greco da cui deriva la parola “scandalo”. I malfattori causano uno scandalo nel peggior senso della parola. Scandalizzare, recare oltraggio. I “piccoli”, dunque si scandalizzano perché ad essi è arrecato un oltraggio, a cui non sono in grado di opporsi. Se hanno o non hanno parte al male, non è in discussione come invece insinua il sacerdote in questione. Il vero problema è che essi si allontanano dalla fede a motivo della condotta degli altri. Se la fiducia fondamentale nel padre e nella madre, nel fratello o nella sorella è distrutta, se la fiducia fondamentale in Dio si rompe, se la fede viene sfruttata per compiere un abuso, o addirittura per nascondere una violenza, quale scandalo potrebbe essere più grande? Gesù non tiene segreto questo scandalo, ma lo mette allo scoperto. Non reagisce solo quando è troppo tardi. Egli vede venire il pericolo e vi reagisce in tutta chiarezza. Questo i suoi discepoli devono prenderlo come esempio.
Quando Cristo parla di tagliare mano, piede e occhio ( non plaude alla pena capitale e non si atteggia nemmeno da vendicatore) è perché queste stanno come parti per il tutto: per l’essere umano, che prova la sensibilità e deve agire. Egli vede gli autori potenziali come personalità spaccate: essi diventano colpevoli per il fatto che si fanno vittime di quel che a loro comandano di fare la loro mano, il loro piede, il loro occhio, cioè alla loro pulsione interiore. Questo non li scusa, ma Cristo li mette in guardia dal “lasciarsi tentare”, come invece pare giustificare Don Gino Flaim. Il Vangelo condanna ogni eclatante rottura della fiducia, perpetrata da coloro che hanno responsabilità nel nome di Gesù e godono della fiducia ed egli è il primo a dare rilievo al male perpetrato nei confronti dei piccoli (ricordiamo che la pederastia, relazione tra un adulto ed un adolescente, e la pedofilia erano pratiche diffuse in passato).
Egli dice espressamente quanto catastrofico sia l’orrendo misfatto non solo per la vittima, ma anche per i perpetratori. Chi distrugge la vita di altre persone manda al fallimento anche la propria. Costui getta la rovina non solo su altri, ma anche su se stesso.
E Cristo per questo piange, “Dio piange”, ha detto il Papa nel viaggio a Philadelphia dopo aver incontrato un gruppo di vittime paragonando alle messe nere, il sacrilegio degli abusi da parte del clero sui bambini. Ed ancora in occasione della prima intervista rilasciata ad una donna, Franca Giansoldati, del Messaggero, Francesco ebbe modo di parlare delle baby prostitute, e della pedofilia. Il Papa in risposta alle domande della giornalista non solo richiamò il magistero della Chiesa ed un comune sentire, ma fece qualcosa di più senza nascondersi dietro ad edulcorate autoassolutorie risposte.
“Per le strade consolari di Roma si vedono ragazzine di appena 14 anni spesso costrette a prostituirsi nella noncuranza generale, mentre nella metro si assiste all’accattonaggio dei bambini. La Chiesa è ancora lievito? Si sente impotente come vescovo davanti a questo degrado morale?” chiese la Giansoldati a Francesco: “Provo dolore. Provo enorme dolore. Lo sfruttamento dei bambini mi fa soffrire. Anche in Argentina è la stessa cosa. Per alcuni lavori manuali vengono usati i bambini perché hanno le mani più piccole. Ma i bambini vengono anche sfruttati sessualmente, in alberghi. Una volta mi avvertirono che su una strada di Buenos Aires c’erano ragazzine prostitute di 12 anni. Mi sono informato ed effettivamente era così. Mi ha fatto male. Ma ancora di più vedere che si fermavano auto di grossa cilindrata guidate da anziani. Potevano essere i loro nonni. Facevano salire la bambina e la pagavano 15 pesos che poi servivano comprare gli scarti della droga, il “pacco”. Per me sono pedofili queste persone che fanno questo alle bambine…”
Pedofili, dunque. Il Papa definisce questi individui sfruttatori di bambine, pedofili non “clienti”. Ha finalmente tacitato tutti i bugiardi e i manipolatori. Già, perché quante volte donne e uomini non sono trattati dai media e dall’opinione pubblica allo stesso modo? Le ragazze sono capricciose e voluttuose di ricariche telefoniche, sfrontate per alcuni nelle loro minigonne. I ragazzini, irretiti dal Paolini di turno che li rabboniva e li presentava anche ai propri genitori, sono dei tontoloni. Allo stesso modo pare di risentire le parole del sacerdote trentino, “i bambini spesso cercano affetto” ed ancora quelli che dinanzi ad uno stupro commentano: “se l’è andata a cercare, visto come vestiva?”.
Ed invece queste sono solo storie di cattivi adulti, e non di cattivi bambini, o cattive ragazze. Sono storie di educatori distratti e irresponsabili, di sfruttatori digitali, di padri di famiglia che pagano ragazzine simili alle loro figlie per sentirsi uomini. Storie di nonni, vicini, zii, amici, che fanno oggetto delle loro depravazioni innocenti creature. Storie di preti che compiono sacrilegi inammissibili.
Storie, dei 240 casi di pedofilia registrati nello scorso anno in Italia. La maggior parte degli abusi sessuali sui minori avviene all’interno delle mura domestiche. Oltre agli abusi in territorio italiano e attraverso il web si è aggiunta un’altra manifestazione: quella del turismo sessuale. Solo in italia, secondo gli ultimi dati, sarebbero oltre 80 mila le persone che partono ogni anno per un viaggio alla ricerca di rapporti sessuali con minorenni: il 60% sono occasionali, il 35% abituali e il 5% pedofili.
E’ assurdo che la pedofilia sia catalogata nel gruppo delle parafilie, ovvero tra i disturbi del desiderio sessuale, e consiste nella preferenza erotica da parte di un soggetto giunto alla maturità genitale per soggetti che invece non lo sono ancora; dagli studi redatti da professionisti del campo essa è considerata una “condizione”, né malattia, né perversione, né deviazione sessuale ma, un sentimento che il pedofilo qualifica d’amore verso i bimbi; solo nel 2012 poi il termine pedofilia è stata introdotto nel Codice Penale con un maggiore inasprimento delle pene. I pedofili sono dei criminali, che vanno puniti come meritano. Non è ammissibile concedere lo sconto di un terzo della pena al pedofilo scoperto e reo confesso. Non è possibile stare a sentire dichiarazioni pubbliche che, in televisione, fanno passare messaggi del tutto distorti e pericolosi. Tra le cose ignobili che un essere umano può compiere, la pedofilia occupa il primo posto per vigliaccheria e lucida prevaricazione sui minori e che si compie con inaudita violenza mascherata da affetto. Siamo chiamati tutti a vigilare: Chiesa, società civile, educatori. Tutti. Senza alcun margine di tolleranza.
Luisa Loredana Vercillo
Commenta